venerdì 2 ottobre 2009

La sicurezza e il giudizio

La violenza va condannata, tutti ne siamo d’accordo.

Solo che a volte si tende a giustificare. “La violenza viene provocata”. E giù tutti a cercare le colpe.

Siamo divisi in questo caso tra coloro che vogliono assumersi presso loro stessi le responsabilità di una società allo sbando e gli altri che invece dicono: “Ma chi se ne frega? Non è un problema mio”.

Beh, quante volte per strada abbiamo visto la gente picchiarsi e facciamo capannello per goderci il match che ci si presenta così succulento, un’occasione più unica che rara dal momento che non abbiamo nemmeno pagato il biglietto per assistere a cotanto spettacolo.

Ma non muoviamo un dito. Al mio paese un proverbio dialettale dice “chi divide i litiganti ottiene la parte peggiore”. Certamente ci costerebbe tanta fatica intervenire perché ci impicciamo degli affari altrui, perché è meglio mantenere il quieto vivere e rapporti buoni con tutti, perché domani potremmo incontrare quelle persone per strada, magari entrare nella loro vita. E, si sa, quando vogliono le persone hanno la memoria lunga.

Eppure è così facile dare giudizi e condanne, siamo tutti magistrati non retribuiti e in pochi sappiamo essere avvocati, quando talvolta la natura umana in quanto poco stabile e coerente con sé stessa ne avrebbe davvero bisogno.

Però proprio non sopporto certi giudizi.

Quando una donna viene stuprata sento spesso dire: “Poverina, però la colpa oggiogiorno è delle donne, vanno in giro vestite in modo troppo provocante”. E’ come dire che dovremmo scagionare il ladro che viene a rubarci in casa solo perché non ci siamo muniti di porte blindate e di inferriate alle finestre. E’ vero che la sicurezza costa ma è anche vero che chi commette reati del genere non va mai giustificato, bensì punito e poi rieducato.

Per non parlare di quando diamo un giudizio su fatti di cronaca. Vorremmo mettere alla gogna tutti quanti quando sentiamo di persone barbaramente uccise. Sì, d’accordo, è sempre il primo impulso quello della rabbia e conseguentemente della nostra vicinanza ai parenti delle vittime.

Ma alla fine occorre fare un discorso che segua un po’ meno l’onda emotiva, che sia quantomeno razionale. Vogliamo farci giustizia da soli? E chi siamo, un esercito di Rambo? La vita umana in ogni caso è un diritto inalienabile, non possiamo sempre ergerci a giudici e non possiamo organizzare dei baratti ideologici con le vite degli uomini che nessuno purtroppo ridarà più alle loro famiglie.

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