“Ma cos’è la destra? Cos’è la sinistra?”. Cantava così un grande della musica italiana, oggi scomparso, qualche anno fa.
E credo che lui a queste domande avrebbe risposto come faccio io.
Cioè nulla. O meglio niente che sia rilevante per la nostra vita, niente che si renda indispensabile alle nostre funzioni vitali, niente per cui io possa alzarmi la mattina e decidere di cambiare il mondo.
Sì, è vero, in nome di alcuni ideali si sono combattute certe battaglie negli anni passati. E si sono ottenuti dei risultati al prezzo di sangue e sudore. Le classi più deboli economicamente, fisicamente, socialmente hanno ottenuto di essere maggiormente tutelate dal sistema proprio perché qualcuno ha sostenuto, divulgato, propugnato determinate idee.
Io non voglio rinnegare tutto ciò. Dico solo che il mondo però va avanti. Così come non si può certo rimanere ai principi medioevali di sudditanza al padrone. Questo vuol dire che una nuova concezione della politica e del mondo in generale dovrebbe farsi largo perché non si può restare ancorati a concetti che vogliono potenti e servi, che i primi possono disporre dei secondi come pare e piace a loro.
La storia deve comunque servirci a non commettere gli stessi errori. E deve servirci a collaborare, non a dividerci. Se andiamo a studiare le premesse da cui muovono tutte le teorie politico-filosofiche moderne leggeremo che sia destra che sinistra partono dallo stesso punto. Solo che a un certo punto cominciano a divergere, forse quando si pensa alla difesa del territorio e al concetto di identità nazionale. A me sembra che la differenza maggiore sia nel fatto che la destra punta all’esaperazione delle differenze tra un popolo e l’altro mentre la sinistra vorrebbe una maggiore integrazione, ferma restando la difesa delle tradizioni locali.
E’ vero, lo ammetto, dal punto di vista ideologico sono sempre stato un po’ spostato a sinistra, ma oggi la mia posizione cambia nel senso che questi concetti mi sembrano superati.
Sarà difficile ma a mio avviso occorre fare in modo che tutti coloro la cui unica preoccupazione è volere condizioni sociali migliori per i lavoratori, maggiore cura nell’educazione dei figli, una sanità che riesca a far sì che non dobbiamo spendere milioni e milioni anche per un insignificante intervento al dito piccolo del piede, dei salari che ci permettano di comprare una casa senza doverci ammazzare di debiti e rinunciare a tante altre spese, si incontrino e mettano da parte tutte le barriere.
In fondo chi di noi vuole alzarsi la mattina e andare a manifestare in piazza per i propri diritti, urlando talvolta il proprio dissenso (ma senza ricorrere a metodi fisicamente violenti, io non li ammetto)? Nessuno se non è esasperato da uno status sociale che ci impedisce di garantire un futuro per i nostri figli.

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