mercoledì 16 settembre 2009

Nonviolenza e disobbedienza civile

« La massa degli uomini serve lo Stato in questo modo, non come uomini soprattutto, bensì come macchine, con i propri corpi. Essi formano l'esercito permanente, e la milizia, i secondini, i poliziotti, i posse comitatus, ecc. Nella maggior parte dei casi non v'è alcun libero esercizio della facoltà di giudizio o del senso morale; invece si mettono allo stesso livello del legno e della terra e delle pietre, e forse si possono fabbricare uomini di legno che serviranno altrettanto bene allo scopo. Uomini del genere non incutono maggior rispetto che se fossero di paglia o di sterco. Hanno lo stesso tipo di valore dei cavalli e dei cani. Tuttavia persino esseri simili sono comunemente stimati dei buoni cittadini. Altri, come la maggior parte dei legislatori, dei politici, degli avvocati, dei ministri del culto, e dei funzionari statali, servono lo Stato principalmente con le proprie teste; e, dato che raramente fanno delle distinzioni morali, sono pronti a servire nello stesso tempo il diavolo, pur senza volerlo, e Dio. »

(Henry David Thoreau, Disobbedienza civile)

Io sono cristiano, cattolico credente e praticante. Ma penso che il discorso non cambierebbe di una virgola se mi professassi agnostico, aconfessionale o addirittura ateo. Salvo poi accorgermi che la prima istituzione al mondo che sbandiera ai quattro venti il nome di Dio dispone di un esercito attrezzato a tutti gli effetti per la difesa del territorio qualora qualche cane infedele dovesse infestarglielo.

Vabbè lasciamo perdere quest’ultima digressione, magari ne parliamo in un’altra occasione e torniamo al vero oggetto della mia riflessione di oggi.

Chi è al mondo vuole vivere bene. Punto.

Ogni persona che incontriamo ha questa esigenza. A parte casi sporadici (suicidi) non penso che ci sia qualcuno cui farebbe piacere andare incontro alla morte.

E questo vale per l’italiano come per l’americano, per il marocchino, il palestinese, l’argentino, il cinese. Giusto per citare qualcuno a casaccio, ma un’etnia vale quanto l’altra. Una vita vale allo stesso modo di un’altra, anzi allo stesso modo sono incommensurabili.

Chi decide allora se ammazzare gli iracheni o gli afghani? Chi decide di entrare in guerra contro i coreani del Nord? E in base a che cosa? Esiste forse un motivo plausibile? Non è più importante la singola vita umana di tutti gli interessi economici che possiamo avere?

Ma, soprattutto, se uno statista decide che è giusto entrare in guerra dobbiamo per forza obbedirgli? Al limite ci va lui a combattere: non sarebbe nemmeno giusto però se proprio si vogliono ascoltare certe luride ragioni, ammesso che sia il caso di chiamarle tali, almeno isoliamolo nel suo delirio.

Ritengo che le posizioni di chi definisce “missioni di pace” l’invio di militari professionisti in altre nazioni per ristabilire un presunto ordine non vadano prese in considerazione in una società che voglia dirsi civile. Chiunque provi a mettere a casa propria dei carabinieri per essere sorvegliato: dite che si vivrebbe in modo sereno? Io non credo.

1 commento:

  1. E oggi, dopo quello che è successo ieri, assume ancora più significato quello che dici. Quando impareremo ad essere 'civili'?!
    Forse quando riusciremo a concepire il benessere dell'altro come qualcosa di 'generato da dentro', 'dal basso'; quando daremo più forza al mondo della cooperazione, anche internazionale; quando bandiremo la guerra come strumento volto alla gestione dei conflitti e sperimenteremo altre strade, altre modalità; quando impareremo a costruire relazioni autenticamente nonviolente, tese a mettere in gioco 'il potere autogenerato' dell'altro e non a imporre in una logica di subordinazione e di dominio il suo volere per il nostro bieco tornaconto. Quel giorno sarà un giorno diverso, perchè porterà addosso il profumo del futuro.
    Marinella

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